
lunedì 15 febbraio 2010
sabato 13 febbraio 2010
remake di un vecio film

venerdì 4 dicembre 2009
martedì 3 novembre 2009
venerdì 9 ottobre 2009
Di che pasta sono (A straight story)

La pasta, il gas. Ci sono. Finalmente capisco: o è un venditore ambulante o lo schema della digestione.
mercoledì 30 settembre 2009
Jim

lunedì 28 settembre 2009
Quadri che non quadrano

Jacques Louis David è il massimo esponente della pittura neoclassica in Francia. Prima di imburrarsi allo splendore del Bonaparte prediligeva soggetti tratti dalla mitologia civica dell’antica Roma per la loro adattabilità alle virtù rivoluzionarie. Poi arrivò il nano. I nani di potere non solo – e sia detto con sommo rispetto – hanno il cuore vicino al buco del culo come si cantava, ma hanno la rara facoltà di essere presi per pittoreschi finché non ti sono ormai alle spalle brache chine. Si noti tuttavia come, nel dipinto, il volto di Napoleone sia insolitamente fastidioso, antipatico, stracciato da un ghigno superbo e malefico. Fondamentalmente brutto ma convinto del contrario, e alquanto vuoto, superficiale, vanitoso senza ragione. Viene quasi il dubbio che David abbia voluto sfotterlo il suo nano.
ps: il blog verrà aggiornato con totale incuranza e sprezzo di ogni sistema anche se non so esattamente cosa voglia dire. A presto.
giovedì 4 giugno 2009
"Quando la nave affonda", tre variazioni sul tema



martedì 2 giugno 2009
lunedì 25 maggio 2009
mercoledì 6 maggio 2009
Il presidente cretino

Io sono qui per rispondere alle sue domande. Lei mi chiede se per uscire dalla crisi economica, che ovviamente ha danneggiato di meno l’Italia rispetto ad altri paesi solo perché l’Italia non era in una fase di eccessiva crescita, se per uscire dalla crisi economica, dicevo, sia necessario il pieno smantellamento dello stato sociale come fecero i bei vecchi Reagan e Thatcher? Io le rispondo che Luigi, mio figlio, è proprio come il padre. Non gli piacciono le feste. Appena raggiunto un traguardo è già lì che guarda al successivo. Mia figlia Barbara i diciotto anni li ha festeggiati a Las Vegas. Tutto a spese mie. Io non ci sono andato, ma ci ho mandato il portafoglio. Una grande - le trasmissioni riprenderanno alle ore 6.00 - festa in maschera stile settecento veneziano, e quando alla fine tutti si sono tolti le maschere Barbara con sorpresa ha scoperto che si trattava dei suoi amici e amiche. Erano andati là. Tutti tranne me. Ma tutti a spese mie. Ho chiamato Eleonora per chiederle se avessi partecipato alla sua festa dei diciotto anni, ma lei neanche si ricordava se ne avesse fatta una. Nel 2006 Veronica si è - le trasmissioni riprenderanno alle ore 6.00 - commossa. A Marrakech ha ricevuto una splendida sorpresa da me che mi sono presentato travestito da nobile berbero, e non da danzatore eh, con un regalo che lei ha intuito quanto fosse importante quando ha letto sulla confezione il nome di un noto gioielliere. Pensare che mi credeva a parlare al parlamento italiano. Sognatrice! Idealista come tutte le belle donne! Per quanto riguarda le candidature, cerchiamo di scegliere donne intelligenti e non sgradevoli. C’è la moglie del vicepresicazzo degli industriazzi, c’è la fidanzata del figlio del dottor Letta, che già aveva la strada abbastanza spianata – ha fatto un paio d’anni di signorina buonasera in rai, e un paio di fiction di cui ricordo, per caso, il titolo di quella trasmessa dalle mie televisioni “Carabinieri”. Alla festa di Noemi, se è questo il fulcro della sua domanda, in sostanza ci sono andato per fuggire dai cori d’amore che mi rivolgevano al salone del mobile a Milano. Ne ero sinceramente imbarazzato. Poi lì ho fatto foto con i camerieri e i cucinieri perché penso sempre alla gente più umile. Ah, a proposito di pappa calda, per quanto riguarda quei poveracci nelle tendopoli ho tante buone notizie: ad esempio abbiamo allestite novantanove cucine dei cui cuochi tutti dicono lodi.
Tratto da una storia vera. E tragica.
lunedì 30 marzo 2009
amore e interessi

giovedì 26 marzo 2009
CASSANO NON SARA’ UN FULL METAL JACKET, MA NEMMENO LIPPI E’ MARADONA
da libmagazine
Marcello Lippi ha un ché di militare. Eppure Marcello Lippi è senz’altro un allenatore vincente. Allora probabilmente il gene militare garantisce nelle discipline sportive una migliore attitudine alla vittoria, perché in fondo si tratta di regolamentare, indurre all’obbedienza, inquadrare in sistemi di norme comportamentali – benché sportive – un manipolo di giovanotti dagli ormoni friccicarelli. Nel film di Kubrick il sergente istruttore Hartman riduce la recluta ad una spugna spersonalizzata attraverso metodi che Lippi senz’altro non adopera ma dei quali riassume l’intenzione: l’uomo è tale solo se nella collettività riproduce quanto appreso. In sostanza non si tollerano levate di capo poiché il fronte, pena la morte, richiede uniformità d’altezza fra la siepe e l’elmetto. Ed un caduto è un varco nello schieramento tanto quanto lo è un semidio, un uomo levatosi oltre il limite.
Antonio Cassano quel limite non ha idea di cosa sia, perché se nasci scugnizzo nel sud del mondo sei condannato alla pallottola o alla tivvù di Berlusconi; ma se nasci scugnizzo e genio non c’è niente che ti fermi e puoi, ad esempio, prendere un attaccante sbiadito che risponde al nome di Pazzini e riportarlo a suon di assist in nazionale. Tutto questo Lippi lo sa fin dai tempi del Divin Codino di Baggio che bistrattò manco fosse un vietcong. D’altronde il solo genio che l’esercito contempli è quel reparto che posiziona o rimuove mine, costruisce o distrugge ponti. Gente cioè destinata alle strutture più che alle sovrastrutture. Cassano invece supera le coordinate fisiche in ogni passaggio, in ogni dribbling dal tempo rallentato e spiazzante: un cecchino piuttosto, che scivola fra le rovine con un mirino digitale e che invisibile fa sbocciare nelle teste avverse garofani di sangue. Un solitario o un solista? Un monologhista. E allora niente di strano o indecifrabile, perché i proiettili a doppia blindatura del film sono le stesse reclute che dall’addestramento escono con la professione del killer tatuata sull’elmo e impressa nel dito gelido sul grilletto. Un corpo compatto e solido che non arretra, che non teme, che ferito si rialza con intatta sete d’omicidio… come la nazionale che ha annientato la genialità di Zidane incassando in petto una testata scugnizza.
Vale, Cassano con nostro sommo dispiacere non giocherà mai nemmeno un minuto nell’Italia dell’istruttore Hartman perchè quando il generale torna vittorioso ha l’ultima parola su tutto. Basta solo che quella in Sudafrica sia l’ultima. Asì, vamos Argentina!
martedì 17 marzo 2009
pippo inzaghi indemoniato: chiamatemi esorciccio!
Superpippo nasce Pippo nelle giovanili del Piacenza e nel 1992, con la maglia del Leffe, segna il primo gol da professionista. Poi Verona e Piacenza ancora in serie B. Finalmente Parma in A, e subito l'anno dopo, stagione '96-'97, con la maglia dell'Atalanta diventa capocannoniere in serie A: super! Dopo arrivano gli anni alla Juve e al Milan carichi di gol in Italia e in Europa con l'aggiunta dei 25 gol in nazionale. Sta di fatto che Inzaghi è l'unico calciatore ad aver segnato in ogni competizione internazionale eccetto le coppe sudamericane. Rapinandolo li chiamano gol di rapina, ma sono algebrici frutti di un disegno preciso. Ecco com'è andata.
Filippo sarà stato appena adolescente quando di notte gli apparve un demone: non c'entra niente

martedì 27 gennaio 2009
martedì 20 gennaio 2009
berlusconi attaccato dagli arabi li manda a ...

Questa più o meno sarebbe stata la linea del pezzo se a dirigere Libmagazine avessimo avuto un epigono di fede (o Fede?). Tuttavia ci si guardi dal facile sarcasmo, e si badi che l’opportunismo, anche politico, ha una innegabile valenza nella questione calcistica, non tanto considerando il gioco elettrico di Pippo Inzaghi, quanto la panchina cui lo stesso Inzaghi, Shevchenko, e il messia Ronaldinho sono stati accomodati contro la Fiorentina. È una questione politica. Come tutto del resto. Ovvero, ammessa l’evidente impossibilità razionale di rifiutare un’offerta di 115 milioni d’euro circa, cosa bisogna fare per incanalare nel senso giusto la trattativa ricordandosi però di trattenere quella base popolare che nella fattispecie ha la sciarpetta rossa e nera?
Il momento è delicato, poiché i due fini si contrastano. Allora si fa così (e prenda appunti il Bonaparte): per dimostrare che Kakà vale tutti i soldi offerti – in un momento in cui la portata dell’offerta stride con la realtà finanziaria globale e con, ammettiamolo, il valore reale del calciatore – si toglie Ronaldinho dal campo perché notoriamente questi intralcia il raggio d’azione di Kakà che trova i suoi pregi nella forza fisica, nella velocità, e nell’ampiezza di spazio che le due cose richiedono. Ok allora, lo sceicco se ha guardato Milan - Fiorentina può firmare la carta. Ma la base? Le brigate rossonere? Come garantirsi l’appoggio giacobino e impedire la destabilizzazione dell’armonia arcoriana, della “pax galliana”? Ecco il colpo di genio: Shevchenko e Inzaghi fuori, dentro fisso il giovin Pato. Il piccolo brasiliano, che segna già da qualche turno con continuità, dopo la bella doppietta di domenica scorsa contro la Roma ti piazza un diagonale vincente anche con la Fiorentina: palo-gol! Il pubblico inizia a barcollare. I media gonfiano Pato, il papero, che si fa quanto un Gastone. Il sito ufficiale del Milan titola “Indubbiamente Pato” ricordando ai tifosi l’altissima media gol del fanciullo. Se a ciò aggiungiamo il fumo negli occhi dello speziato Beckham i nodi sono già evidenti. Come una pesca di tonni c’è la rete, solo che a finirci dentro non sarà Kakà, ma i soldoni del Mansour che padron Silvio reimpiegherà per ricostruire tutta la squadra. Palo-gol, appunto. D’altra parte il “Blocco Continentale” danneggiò più il resto d’Europa che l’Inghilterra, e la levata di capo dello zar – che costò al corso l’invincibilità e un brutto inverno – è motivata proprio da quel blocco.
In conclusione, indipendentemente dall’esito della trattativa, né Kakà, né Berlusconi, né lo sceicco guaderanno la Beresina, e nessuno di loro vedrà l’Elba o Sant’Elena se non in vacanza. Il gioco politico non assicura mai certa vittoria, ma la virtù strategica è nel disporre le truppe in modo da garantirsi un’ampia scelta di reazioni che non siano categoricamente imposte dall’avversario.
Non so, ma qui ci starebbe il vecchio “e tutti vissero felici e contenti”.
venerdì 16 gennaio 2009
mercoledì 17 dicembre 2008
cinemuna: "ultimatum alla terra"

giovedì 4 dicembre 2008
silenzio, parla pinocchio

giovedì 15 maggio 2008
la politica fuori dalla pelle
Da un punto d’osservazione superficiale – prospettiva, questa superficiale, ingiustamente vituperata giacché è dal bubbone sulla superficie/pelle del malato che il medico diagnostica la peste – la situazione politica italiana si colora di toni nuovi. L’amabilità di un azzurro tenue con la sua gradazione fredda copre il panorama come un cielo artificiale, acquieta gli animi, dispone al commercio e all’impresa. Tale la distensione del clima politico che, già incubata nella recente campagna elettorale, ora vede luce nel braccetto stretto fra Berlusconi e Veltroni – tutt’altra tavolozza cromatica in comparazione a quel rosso infernal pompeiano lavico che scorreva fra lo stesso Berlusconi e Romano Prodi fino a pochi mesi or sono.
Oggi il presidente del consiglio modera, apre al dialogo poggiando fiducia sull’assenza dal parlamento dei suoi maggiori nemici anti-patici; e poco distante il capo dell’opposizione zampetta zuccheroso in quell’usanza di marca anglosassone che è il governo ombra. Con conseguenze che, fossero studiate a tavolino, farebbero dei due protagonisti della scena il maggior statista degli ultimi cinquant’anni (checché ne dica il Fini ancor dopo Fiuggi). Letto bene: “conseguenze che farebbero dei due protagonisti della scena il maggior statista degli ultimi cinquant’anni”, due che fanno uno. Perché Berlusconi si assicura, in questo clima teatrato da cielo-trumanshow, un quinquennio di sereno poco variabile le cui uniche turbe saranno le poppate di liofilizzato con cui nutrire periodicamente i leghisti. D’altro canto – e canto, nella sua distrazione fonetico poetica, qui è un ridicolo lusso – il capo dell’opposizione Veltroni, che aveva dato principio al nuovo corso con la sventolante maturità del suo opporsi senza l’ausilio capriccioso della sinistra radicale, saprà far tesoro a quinquennio terminato del puntuale fenomeno dell’alternanza, trovandosi, ciliegina su torta, nella condizione di creditore di buona pace. Ovvio che il teorema regge solo se dall’altra parte v’è coscienza del debito. Ne dubito. Questo è un debito improvvido.
Ma la prospettiva superficiale, come abbiamo visto ottima a diagnosticare di che morte morirà il malato, ha il pregio di permettere un ulteriore decollo che altrimenti, giacendo in sottocute, non avrebbe capacità di volo. Si giunge dunque a tale altezza da leggere l’incanalamento del nostro sistema politico in un blando, ma produttivo (il commercio! l’impresa!), modello nordeuropeo quasi calvinista. E la possibilità di non marcire sottopelle negli umori corporei – equivoco che scaturisce dalla visione profonda – ci lascia integri di fronte all’assalto della prospettiva inciucio, che è esclusivamente prodotto biliare.
Da qui, belli in superficie, si legge pure che questo nuovo ordine – che è bene non dimenticare quanto possa essere scoria reattiva di moti d’antipolitica fluiti da “La casta” e grillismi vari – ha però un vincolo di fronte al quale la matura reazione della classe politica bisogna si dimostri quanto meno possibile millantata. Cioè, la riduzione dei gruppi parlamentari da 11 a 6, e la dipartita (v’è più fedeltà semantica, nell’uso del termine, che ironia o intenzione d’offendere) di quei soggetti politici che più di altri erano legati a superate categorie sociali e morali, obbliga il parlamento ad operare nel modo più sano, più limpido, più efficiente possibile. A maggior ragione in uso dell’acquietante cielo artificiale. È però a questo punto che la visione superficiale mostra il limite: nell’immagine del futuro, nella profezia. Che però, stando al discorso alla Camera in cui Berlusconi invoca l’ausilio divino, pare manchi clamorosamente anche al punto d’osservazione più profondo possibile: quello in cui si decide, in cui si agisce. Oh mio dio!
Su Libmagazine anche in due si uccide meglio.