lunedì 30 marzo 2009

amore e interessi

‘O presid€nt’… De Gaulle… i giacobozzi patriotti… i berretti verdi… Herder... i manuali di tortura… gladio… comunisti! ... Marshall scosceso… marescialli latinmeregani… i tricolori blu… i cisalpastri… il vento e la bandiera… miliardi di… i tricolori v€rdi… azzurri… Massaro! … il popolo… la posizione del missionario… la conversione capitalissima… un’emergenza ingiustificata… un tono alzato… un posto non proprio… la voce simulata… l’ordine… disciplina… un vaffanculo lungo quanto il mio cazzo…

giovedì 26 marzo 2009

CASSANO NON SARA’ UN FULL METAL JACKET, MA NEMMENO LIPPI E’ MARADONA

da libmagazine

Marcello Lippi ha un ché di militare. Eppure Marcello Lippi è senz’altro un allenatore vincente. Allora probabilmente il gene militare garantisce nelle discipline sportive una migliore attitudine alla vittoria, perché in fondo si tratta di regolamentare, indurre all’obbedienza, inquadrare in sistemi di norme comportamentali – benché sportive – un manipolo di giovanotti dagli ormoni friccicarelli. Nel film di Kubrick il sergente istruttore Hartman riduce la recluta ad una spugna spersonalizzata attraverso metodi che Lippi senz’altro non adopera ma dei quali riassume l’intenzione: l’uomo è tale solo se nella collettività riproduce quanto appreso. In sostanza non si tollerano levate di capo poiché il fronte, pena la morte, richiede uniformità d’altezza fra la siepe e l’elmetto. Ed un caduto è un varco nello schieramento tanto quanto lo è un semidio, un uomo levatosi oltre il limite.
Antonio Cassano quel limite non ha idea di cosa sia, perché se nasci scugnizzo nel sud del mondo sei condannato alla pallottola o alla tivvù di Berlusconi; ma se nasci scugnizzo e genio non c’è niente che ti fermi e puoi, ad esempio, prendere un attaccante sbiadito che risponde al nome di Pazzini e riportarlo a suon di assist in nazionale. Tutto questo Lippi lo sa fin dai tempi del Divin Codino di Baggio che bistrattò manco fosse un vietcong. D’altronde il solo genio che l’esercito contempli è quel reparto che posiziona o rimuove mine, costruisce o distrugge ponti. Gente cioè destinata alle strutture più che alle sovrastrutture. Cassano invece supera le coordinate fisiche in ogni passaggio, in ogni dribbling dal tempo rallentato e spiazzante: un cecchino piuttosto, che scivola fra le rovine con un mirino digitale e che invisibile fa sbocciare nelle teste avverse garofani di sangue. Un solitario o un solista? Un monologhista. E allora niente di strano o indecifrabile, perché i proiettili a doppia blindatura del film sono le stesse reclute che dall’addestramento escono con la professione del killer tatuata sull’elmo e impressa nel dito gelido sul grilletto. Un corpo compatto e solido che non arretra, che non teme, che ferito si rialza con intatta sete d’omicidio… come la nazionale che ha annientato la genialità di Zidane incassando in petto una testata scugnizza.
Vale, Cassano con nostro sommo dispiacere non giocherà mai nemmeno un minuto nell’Italia dell’istruttore Hartman perchè quando il generale torna vittorioso ha l’ultima parola su tutto. Basta solo che quella in Sudafrica sia l’ultima. Asì, vamos Argentina!

martedì 24 marzo 2009

che razza di razzinculo!

La regina apre le cosce. Ruggine nella stanza in nuvolette rosse, sopra un cigolio di anticaglie in disuso. Dalle grandi labbra due fili di seta bruna su cui prova l’equilibrio un ragno. Il pulviscolo lo confonde: cade. Atterra morbido in una crepa della pelle, dove due pulci si spartiscono la violenta secrezione di un brufolo. La regina chiude le cosce in una sferragliata di pentole. L’ecosistema ha una falla. Nella meccanica l’erosione del tempo contraddice l’infinita brama di gloria, e in qualche modo l’ammala. Tutto puzza.

martedì 17 marzo 2009

pippo inzaghi indemoniato: chiamatemi esorciccio!

Lo intuisci subito, dall'orgasmo che gli piglia in tutte le membra quando segna, che per Inzaghi il gol ha la sapidità del latte materno. E ora son trecento da professionista. Roba da matti. O da indemoniati. Perché se è vero che il gesto del segnare - quell'introdurre, quel rapire, quel violare una membrana invisibile custodita da undici persone - ha stretta parentela con l'atto sessuale inteso dal macho; e se è vero che Pippo Inzaghi segna di opportunismo come quei rubacuori che nell'aria annusano la malleabilità della donna confusa, bisogna pur ammettere che essere lì nel centro nevralgico, presso l'area piccola, include virtù incorporee sulle quali c'è da indagare.
Superpippo nasce Pippo nelle giovanili del Piacenza e nel 1992, con la maglia del Leffe, segna il primo gol da professionista. Poi Verona e Piacenza ancora in serie B. Finalmente Parma in A, e subito l'anno dopo, stagione '96-'97, con la maglia dell'Atalanta diventa capocannoniere in serie A: super! Dopo arrivano gli anni alla Juve e al Milan carichi di gol in Italia e in Europa con l'aggiunta dei 25 gol in nazionale. Sta di fatto che Inzaghi è l'unico calciatore ad aver segnato in ogni competizione internazionale eccetto le coppe sudamericane. Rapinandolo li chiamano gol di rapina, ma sono algebrici frutti di un disegno preciso. Ecco com'è andata.
Filippo sarà stato appena adolescente quando di notte gli apparve un demone: non c'entra niente Marlowe né alcuna leggenda germanica, perché il calcio ha una mitologia vergine adatta ai ceti spiazzati. Filippo accettò le condizioni del patto: egli avrebbe rinunciato all'altezza di Marco Van Basten, al dribbling di Omar Sivori, alla tecnica di Johan Cruijff, alla potenza di Karl-Heinz Rummenigge, ed in cambio avrebbe segnato una valanga di gol. Sarebbe cioè stato brutto ma efficace, goffo ma indelebile, divino ma indemoniato. E lo vedi, gracile e inquieto, appeso al filo del fuorigioco mentre con le gambette macina chilometri facili per gli spiriti alleggeriti dalla possessione. E lo vedi sempre pronto a metterci il destro decisivo, la strusciata di spalla imparabile, il ginocchio imprevedibile... la natica, solenne e tremenda. E infine il gol. Oggi il trecentesimo e di certo non l'ultimo, segnati in buona parte contro squadre di un campionato che, la settimana appena trascorsa insegna, forse non sarà il più bello né il migliore, ma è di certo il peggior terreno su cui gli attaccanti possano provarsi data l'attenzione spasmodica alla fase difensiva che vi si pratica. E il paradosso è che forse quel patto non l'ha rispettato né Superpippo né il demone, perché il primo sarebbe cresciuto comunque troppo poco imponente per essere un centravanti di sfondamento e troppo frenetico per avere la giusta e misurata tecnica; e il secondo, il demone, spiace dirlo ma non esiste affatto. Oppure sì, ma è composto di passione e dedizione, di serietà agli allenamenti e disciplina alimentare, di gioia a vedere la palla che rotola, e di voglia e sete e fame di mandarla dove è proibito che vada. Tutto qua.