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martedì 17 marzo 2009

pippo inzaghi indemoniato: chiamatemi esorciccio!

Lo intuisci subito, dall'orgasmo che gli piglia in tutte le membra quando segna, che per Inzaghi il gol ha la sapidità del latte materno. E ora son trecento da professionista. Roba da matti. O da indemoniati. Perché se è vero che il gesto del segnare - quell'introdurre, quel rapire, quel violare una membrana invisibile custodita da undici persone - ha stretta parentela con l'atto sessuale inteso dal macho; e se è vero che Pippo Inzaghi segna di opportunismo come quei rubacuori che nell'aria annusano la malleabilità della donna confusa, bisogna pur ammettere che essere lì nel centro nevralgico, presso l'area piccola, include virtù incorporee sulle quali c'è da indagare.
Superpippo nasce Pippo nelle giovanili del Piacenza e nel 1992, con la maglia del Leffe, segna il primo gol da professionista. Poi Verona e Piacenza ancora in serie B. Finalmente Parma in A, e subito l'anno dopo, stagione '96-'97, con la maglia dell'Atalanta diventa capocannoniere in serie A: super! Dopo arrivano gli anni alla Juve e al Milan carichi di gol in Italia e in Europa con l'aggiunta dei 25 gol in nazionale. Sta di fatto che Inzaghi è l'unico calciatore ad aver segnato in ogni competizione internazionale eccetto le coppe sudamericane. Rapinandolo li chiamano gol di rapina, ma sono algebrici frutti di un disegno preciso. Ecco com'è andata.
Filippo sarà stato appena adolescente quando di notte gli apparve un demone: non c'entra niente Marlowe né alcuna leggenda germanica, perché il calcio ha una mitologia vergine adatta ai ceti spiazzati. Filippo accettò le condizioni del patto: egli avrebbe rinunciato all'altezza di Marco Van Basten, al dribbling di Omar Sivori, alla tecnica di Johan Cruijff, alla potenza di Karl-Heinz Rummenigge, ed in cambio avrebbe segnato una valanga di gol. Sarebbe cioè stato brutto ma efficace, goffo ma indelebile, divino ma indemoniato. E lo vedi, gracile e inquieto, appeso al filo del fuorigioco mentre con le gambette macina chilometri facili per gli spiriti alleggeriti dalla possessione. E lo vedi sempre pronto a metterci il destro decisivo, la strusciata di spalla imparabile, il ginocchio imprevedibile... la natica, solenne e tremenda. E infine il gol. Oggi il trecentesimo e di certo non l'ultimo, segnati in buona parte contro squadre di un campionato che, la settimana appena trascorsa insegna, forse non sarà il più bello né il migliore, ma è di certo il peggior terreno su cui gli attaccanti possano provarsi data l'attenzione spasmodica alla fase difensiva che vi si pratica. E il paradosso è che forse quel patto non l'ha rispettato né Superpippo né il demone, perché il primo sarebbe cresciuto comunque troppo poco imponente per essere un centravanti di sfondamento e troppo frenetico per avere la giusta e misurata tecnica; e il secondo, il demone, spiace dirlo ma non esiste affatto. Oppure sì, ma è composto di passione e dedizione, di serietà agli allenamenti e disciplina alimentare, di gioia a vedere la palla che rotola, e di voglia e sete e fame di mandarla dove è proibito che vada. Tutto qua.