(Una giovane insegnante d’anni fa insegnava a estrarre dalle palpebre colorate gli aspetti fisici della musica) Cosa che palpita vuole arachidi e vino bianco, non ossigeno. Chiusa nei luoghi neri, nelle curve ruvide dell’intestino, palpita. Una penna affilata scava chirurgie. Una penna rozza scortica la pelle. Un palpito dovrebbe uscirne {C’è un labirinto [Borges dovrebbe ungersi le mani e pararmi la pippa. Condizionale sacrosanto. Eppure l’architettura mi sconvolge la pigrizia (non so come facesse il pigro argentino, solo per questo gli negherei la varra: sacrosanto Luis, ritieniti libero per il weekend – faccio da me)] ma il labirinto percorso da un cieco è l’eccezione del labirinto. L’equivoco deve farsi sonoro, interno, finalizzarsi. L’equivoco interno non è più equivoco, ma malattia. La malattia è voglia di crescita. Il labirinto è una culla} Attendo suggerimenti di sordi tedeschi. [Una giovane insegnante d’anni fa insegnava a estrarre dalle palpebre rosse gli aspetti fisici della musica: Dio(niso) l’abbia in cura!]
4 commenti:
... appunto!
con i tedeschi ultimamente non ci si sopporta.
ciao muna, ci sentiamo presto. :)
>>>DA appunto, e virgola!
>>>GIANS a presto e buone vacanze
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