Giuseppe Razza Di Stro’ (cliccare sulla locandina a sinistra) ha sicuramente raggiunto la maturità professionale e con essa un livello di recitazione talmente approfondito nel controllo di ogni più impercettibile muscolo facciale da far quasi dubitare sulla sua capacità di uscire dal ruolo a riflettori spenti. Gettate ormai alle spalle le bizze di una gioventù irrequieta bruciata nelle birrerie tedesche e in poco raccomandabili circoli, mostra anzi di sentirsi a proprio agio nei ruoli meno sincopati, meno violenti, meno attivi, meno loquaci. “No Man” è una storia tagliata su misura per lui dalla Storia: un uomo con disfunzioni erettili pur di non metabolizzare l’inesorabile trascorrere del tempo, ed i suoi effetti sui delicati equilibri psicofisici della terza età, si affanna a denigrare a colpi di frequenti monosillabi stile mitraglia ogni fonte di gioia, ottenendo quindi per vie secondarie e poco coscienti l’effetto di moltiplicare la sua sofferenza proprio perché slacciata dalle cause. Nient’altro che la vecchia volpe con l’uva (non) buona. Pur nella stucchevolezza della trama, e nei suoi meccanismi ripetitivi fino alla soglia dell’ossidazione (riprodotti amabilmente da Giuseppe Razza Di Stro’ tramite un balbettio come se abbaiasse), il film osa la definizione di complesse dinamiche psicologiche che affascinano i critici ma allontanano il grande pubblico. E allora viene da chiedersi: tutta ‘sta arte, tutta questa preparazione, tutti ‘sti anni passati a studiare e a studiare e poi a ripetere e a limare e a perfezionare, nel momento in cui si scontrano con una realtà che ha ormai superato il dato oggetto di studio non è bene vadano riconsiderati per quello che sono: smanettii inaspriti dalla mollezza?
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3 commenti:
lasciamogli il primato della mollezza. :)
simply the best!
Io un film del genere voglio andarlo a vedere. Anche perchè le smorfie di Ratzinger valgono di più di quelle di Carrey.
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