venerdì 5 dicembre 2008

Senza uguaglianza la democrazia è un regime

(...) se sia in corso, o se si sia già realizzato, un cambiamento di regime, dal punto di vista decisivo dell' uguaglianza. In ogni organizzazione di grandi numeri si insinua un potere oligarchico, cioè il contrario dell' uguaglianza. Anzi, più i numeri sono grandi, più questa è una legge "ferrea". E' la constatazione di un paradosso, o di una contraddizione della democrazia. Ma è molto diverso se l' uguaglianza è accantonata, tra i ferri vecchi della politica o le pie illusioni, oppure se è (ancora) valore dell' azione politica. La costituzione - questa costituzione che assume l' uguaglianza come suo principio essenziale - è in bilico proprio su questo punto. Noi non possiamo non vedere che la società è ormai divisa in strati e che questi strati non sono comunicanti. Più in basso di tutti stanno gli invisibili, i senza diritti che noi, con la nostra legge, definiamo "clandestini", quelli per i quali, obbligati a tutto subire, non c' è legge; al vertice, i privilegiati, uniti in famiglie di sangue e d' interesse, per i quali, anche, non c' è legge, ma nel senso opposto, perché è tutto permesso e, se la legge è d' ostacolo, la si cambia, la si piega o non la si applica affatto. In mezzo, una società stratificata e sclerotizzata, tipo Ancien Régime, dove la mobilità è sempre più scarsa e la condizione sociale di nascita sempre più determina il destino. Se si accetta tutto ciò, il resto viene per conseguenza. Viene per conseguenza che la coercizione dello Stato sia inegualmente distribuita: maggiore quanto più si scende nella scala sociale, minore quanto più si sale; che il diritto penale, di fatto, sia un diritto classista e che, per i potenti, il processo penale non esista più; che nel campo dei diritti sociali la garanzia pubblica sia progressivamente sostituita dall' intervento privato, dove chi più ha, più può. Né sorprende che quello che la costituzione considera il primo diritto di cittadinanza, il lavoro, si riduca a una merce di cui fare mercato. Analogamente, anche l' organizzazione del potere si sposta e si chiude in alto. L' oligarchia partitica non è che un riflesso della struttura sociale. La vigente legge elettorale, che attribuisce interamente ai loro organi dirigenti la scelta dei rappresentanti, escluso il voto di preferenza, non è che una conseguenza. Così come è una conseguenza l' allergia nei confronti dei pesi e contrappesi costituzionali e della separazione dei poteri, e nei confronti della complessità e della lunghezza delle procedure democratiche, parlamentari. Decidere bisogna, e dall' alto; il consenso, semmai, salirà poi dal basso. (...)

Di Gustavo Zagrebelsky, su Repubblica, via Malvino

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